“«Lei ha una nuova formazione di cellule sul rene.»
Il medico parlava con tono così lieve che per un istante lei pensò che l’annuncio fosse qualcosa di cui rallegrarsi. A causa della mascherina bianca, di quell’uomo gentile sulla sessantina vedeva solo metà del volto e nei primi minuti della visita aveva creduto che fosse la metà giusta. Ora non ne era più così sicura”.
Succede, talvolta, che la vicenda umana di un autore, per i più svariati motivi, riesca nell’impresa di prendere il sopravvento sulla sua produzione letteraria sino ad arrivare a sovrastarne l’intera opera. E, così facendo, che questa si riduca a una sorta di ammennicolo, a un di più. L’autore stesso è l’opera. Pasolini è uno degli esempi più eclatanti, a tal proposito. La vita di PPP, la morte di PPP e i misteri che tuttora la avvolgono. E il poeta, lo scrittore, il regista? Le tracce qui si fanno sempre più indefinite, smarrite. Il tutto come sussunto dalla carne e dai nervi e dalla fisicità dell’uomo arrivando egli stesso ad essere, attraverso la sua esistenza, la sua arte.
Ecco, Tre ciotole di Michela Murgia corre questo pericolo. L’annuncio della malattia, la pubblicazione del libro, la morte. Murgia e Tre ciotole. Murgia è Tre ciotole. Il tutto in poco più di quattro mesi dalla pubblicazione del libro, avvenuta il 16 maggio del 2023. E non è un caso se nei vari coccodrilli e ricordi la sua figura sia stata accostata in più di una circostanza al poeta di Casarsa. Ma rimaniamo a Tre ciotole.
Tre ciotole
Il romanzo è il risultato di un insieme di racconti che si tengono l’un l’altro come in un gioco di specchi non senza spunti autobiografici, disseminati principalmente nel primo e nell’ultimo paragrafo. Vi sono raccontate le vicende di uomini e donne che hanno in comune il dover essere alle prese con il cambiamento. Tutti si trovano di fronte a scelte, talvolta anche radicali, che impongono a loro volta un cambio nella traiettoria della propria esistenza e in quella, ove ve ne siano, delle persone vicine. Murgia mette in scena una sorta de L’anno del pensiero magico di Didion in tono minore. Si riconosce una tensione che pervade l’intero libro e che scorre nei racconti senza però prendere forma compiuta di opera. Vi sono capoversi in cui si trova cenno di quello che poteva essere e non è stato. Si riconosce la voce di Murgia, il talento nitido dell’autrice di Accabadora. Il dar a intendere con fulminanti richiami come a riannodare pagine lontane. Emotivamente intenso, paga – forse – l’idea originale che prevedeva di farne un pamphlet, un saggio, scrittura a cui si era dedicata negli ultimi anni, era da otto che non pubblicava un romanzo, quelli caratterizzati dal suo maggiore impegno nelle battaglie sociali e civili del Paese. Sotto certi aspetti affine nella traiettoria umana e intellettuale a Roberto Saviano, scrittrice emergente raccontando la propria esperienza di vita lavorativa sino a divenire voce critica supplente negli anni del silenzio della sinistra – partitica e non – italiana.
“I vestiti appesi agli alberi si muovevano al vento come spiriti inquieti. Da ogni gruccia la loro stoffa rispondeva ai flussi dell’aria di maggio in modo differente”.
Titolo : Tre ciotole
Autore : Michela Murgia
Editore : Mondadori
Pagine: 144
Prezzo :18,00 €