“Qualche tempo fa ho letto sul giornale che certi insegnanti avevano ritrovato un sondaggio inviato negli anni Trenta a un certo numero di scuole di tutto il paese. Era stato fatto un questionario sui problemi dell’insegnamento nelle scuole. E loro hanno ritrovato i moduli compilati e spediti da ogni parte del paese, con le risposte alle domande. E i problemi più gravi che venivano fuori erano tipo che gli alunni parlavano in classe e correvano nei corridoi. O masticavano la gomma. O copiavano i compiti. Roba così. E allora avevano preso uno di quei moduli rimasto in bianco, ne avevano stampate un pò di copie e le avevano mandate alle stesse scuole. Dopo quarant’anni. Be’, ecco le risposte. Stupri, incendi, assassini. Droga. Suicidi. E io ci penso a queste cose. Perché il più delle volte, quando dico che il mondo sta andando alla malora, e di corsa, la gente mi fa un mezzo sorriso e mi dice che sono io che sto invecchiando. E che quello è uno dei sintomi.”
Un romanzo asciutto, diretto. Essenziale. Cormac McCarthy, con una scrittura che non presta spazio a manierismi di sorta, tratta il tema sempiterno del Bene e del Male e lo smarrimento dell’uomo al loro cospetto. In Non è un paese per vecchi si assiste allo scorrere tumultuoso delle vicende di tre uomini i cui destini si incrociano con forza ineluttabile. L’ambientazione è il Texas del 1980. Gli accadimenti un artificio letterario utilizzato da uno scrittore fondamentale nel panorama della letteratura contemporanea statunitense e interrogano la coscienza del lettore posto di fronte al valore fondante del libero arbitrio e a quello salvifico della verità.
“Penso che la verità sia sempre semplice. Cioè, deve essere semplice per forza. Deve essere abbastanza semplice perché la capisca pure un bambino. Altrimenti sarebbe troppo tardi. Si arriverebbe a capirla quando ormai è troppo tardi.”
Llewelyn Moss. E le cose capitano come capitano, non ti chiedono il permesso.
Llewelyn Moss, uomo delle frontiera che ha per casa una roulotte e in cui vive con la giovane compagna, durante una battuta di caccia alle antilopi si imbatte in ciò che rimane di uno scontro a fuoco tra bande di narcotrafficanti. Pick-up crivellati di colpi, uomini agonizzanti e altri ormai cadaveri disseminati all’interno dei mezzi e a terra. Tra tanto orrore, Moss trova una borsa con all’interno 2 milioni e quattrocentomila dollari. La decisone di appropriarsi di quel bottino, oggetto dello scontro a fuoco come merce di scambio per l’acquisto di eroina messicana, determinerà il destino di Moss e sarà lo scheletro narrativo del romanzo.
“Tre settimane fa ero un cittadino onesto e perbene. Avevo un lavoro dalle nove alle cinque. O meglio, dalle otto alle quattro. Poi le cose capitano come capitano. Non te lo chiedono prima. Non ti chiedono il permesso.”
Anton Chigurh. Ogni momento della tua vita rappresenta una svolta e una scelta. A un certo punto hai compiuto una scelta. E tutto è andato di conseguenza. La contabilità è precisa. La forma è tracciata. Nessuna linea può essere cancellata.
Sulle sue tracce, alla ricerca della borsa piena di dollari, si scatenerà una caccia senza tregua. Narcotrafficanti messicani, ma, sopratutto, farà la sua comparsa Anton Chigurh. Un killer solitario, psicopatico se non rappresentazione quasi biblica del Male senza tempo e senza volto.
“Chigurh è un uomo strano. Si potrebbe addirittura dire che ha dei saldi principî. Principî che vanno al di là dei soldi, della droga e di altre cose del genere.”
Nei fatti, nessuno di chi lo incontrerà riuscirà a ricordare con precisone alcun suo particolare, quasi come se si avesse a che fare con un’entità che, appunto, incarna in sé – oggettivandolo – il Male.
“Era di altezza media. Corporatura media. sembrava in forma. Sui trentacinque, forse. Capelli scuri. Castano scuro, mi pare. Non lo so, sceriffo. Sembrava una persona qualunque.
Una persona qualunque.”
Ed Tom Bell. Non ho mai dovuto ammazzare nessuno e di questo sono ben contento. Ai vecchi tempi c’erano sceriffi che non giravano neanche armati.
E poi la voce narrante, lo sceriffo Ed Tom Bell. Le sue riflessioni fanno da prologo all’apertura di ogni capitolo. È la coscienza di un mondo che non c’è più, come quando constata che Vive in silenzio il dio che ha purgato questa terra con sale e cenere e in questo fornendo un anticipo di ciò che sarà La strada, pubblicato due anni dopo Non è un paese per vecchi.
“Al giorno d’oggi se ti metti a fare discorsi su cos’è giusto e cos’è sbagliato la gente spesso e volentieri si mette a ridere. Ma io su certe cose non ho mai avuto tanti dubbi. Nelle mie idee su certe cose. E spero di non averne mai.”
Ora, ad inizio anni Ottanta, ad essere travolti sono proprio i vecchi valori della frontiera. E lo saranno dalla furia con la quale la modernità imprimerà il suo marchio al cambiamento della società, anche attraverso – o sopratutto grazie – al crimine.
“L’altra cosa sono i vecchi, non riesco a levarmeli dalla testa. Mi guardano e hanno sempre negli occhi una domanda. Anni fa, me lo ricordo, non era così. Non era così quando facevo lo sceriffo negli anni Cinquanta. Ora li vedi e non ti sembrano neanche confusi. Ti sembrano impazziti. questo mi dà da pensare. È come se si fossero svegliati all’improvviso senza sapere come sono arrivati lí dove sono. Bé, in una certo senso non lo sanno davvero.”
McCarthy racconta un mondo alle prese con la forza prorompente del cambiamento. Nulla sarebbe stato più come prima. La violenza nuova non avrebbe risparmiato nulla e nessuno. Non il crimine e le istituzioni e le forze preposte a combatterlo. Almeno non cambiò Ed Tom Bell.
Titolo: Non è un paese per vecchi
Autore: Cormac McCarthy
Editore: Einaudi
Pagine: 251
Prezzo: 17,00