Soprattutto il sabato il mercato è preso d’assalto da una massa di persone. Ci sono folle nelle corsie, non si passa. Di fronte a ogni banco uomini e donne si spingono e parlano forte. Sembrano una versione insurrezionale della Borsa di Wall Street.
Invernale di Dario Voltolini (La Nave di Teseo, 2024) è un romanzo breve, compatto e musicale, di quelli che hanno un suono proprio e vanno letti a voce alta, come di un vino buono che deve riposare per svelare le sua intima essenza.
L’autore racconta del padre, macellaio, del dolore che affonda nella carne e di un figlio che di quel mondo conosce ben poco. E lo fa mantenendo inalterati il pudore e la dolcezza del punto di vista di lui ventenne che, a quarant’anni dai fatti, il libro si conclude nel 1982, racconta del genitore riprendendo in mano un brandello della sua vita. Che poi di pezzi, parti, viscere, brandelli è quello che si racconta nella prima parte del volume. La macelleria, il banco, il mercato di Porta Palazzo a Torino.
L’incipit è suono raccontato, il vociare che fa da sottofondo è quello di donne e uomini che si muovono tra i banchi per la spesa. E il padre di Voltolini lavora e vive di mercato. È macellaio, impegnato a immergersi nelle viscere della carne morta per darle nuova forma, vita in qualche modo, e venderla e rimetterla nel circolo delle cose umane. Un uomo sulla soglia, il padre, nella sua professione un traghettatore tra la morte e la vita, come la soglia, limina, caratterizza la passione per il calcio, praticato da giovane. Anche qui la demarcazione, netta, è la linea di porta. Di qua il goal, di là no. E tramite il calcio, gli allenamenti da ragazzo a fianco di Sívori, l’essere stato a contatto con il fuoriclasse juventino, gli ha fatto apprendere una sensibilità che trascende ciò che può essere percepito con i sensi, un vedere in anticipo, e che diviene bagaglio nella sua esistenza. Come nel lavoro.
In questa linearità, non priva di una sua sacralità, in questa commistione di morte e vita e viscere e sangue, un giorno l’evento che imprime una svolta al racconto. La lama del coltello da macellazione invece di seguire la sua traiettoria usuale scarta e cala sul dito della mano del padre, quasi rescindendolo completamente dalla mano. Ci sarà la corsa all’ospedale, il dito salvato ma quello scarto rappresenterà una svolta. Da lì la traiettoria di una vita, di un’esistenza sempre fedele a se stessa, varierà di un qualche impercettibile grado allontanandola dal conosciuto per inoltrarsi in una dimensione nuova. E sarà la malattia. Un’infezione dovuta al contagio di un batterio, la spossatezza, gli esami. Le piastrine che scendono. E poi, qualcosa di più. Di oltre.
Una stanchezza, un senso di spossatezza non usuale, iniziano a caratterizzare le giornate del padre. Visite, esami, ematologi. Controlli clinici.
Linfosarcoma prolinfocitario. Cosa significa? Significa tumore, significa cancro.
La Francia, una nuova via per sperimentare un centro all’avanguardia nei protocolli per le cure. L’istituto Gustave Roussy di Villejuif nei pressi di Parigi. I viaggi in Francia, la cura. Il 1982, i Mondiali di Spagna, le partite alla televisione. La malattia che rallenta ma il miglioramento, quello no, sino a quelle parole, definitive “Non c’è più niente da fare”. Ci passano dentro. continuano a scendere e scenderanno per sempre.
E poi un’affermazione che è anche domanda, e interroga l’esistenza e i fatti di vita di ognuno di noi.
Passa il tempo. Passa, il tempo?
Titolo : Invernale
Autore : Dario Voltolini
Editore : La Nave di Teseo
Pagine : 144
Prezzo : 17,00